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Correlazioni in Medicina



Ocrelizumab nel trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente


Uno studio di fase II, randomizzato e controllato con placebo, ha mostrato che Ocrelizumab, un anticorpo monoclonale, è in grado di ridurre le lesioni captanti il gadolinio in T1 nei pazienti con sclerosi multipla.

Dopo 24 settimane di trattamento, il burden di lesione, misurato alla risonanza magnetica per immagini ( MRI ) è stato ridotto dell’89% in 55 pazienti, trattati con un basso dosaggio di Ocrelizumab, rispetto ai 54 pazienti trattati con placebo.
Le lesioni sono state ridotte del 96% in 55 pazienti, che avevano ricevuto un’alta dose dell’anticorpo monoclonale.

Lo studio era stato disegnato con l’obiettivo di valutare l'efficacia e la sicurezza di due diversi dosaggi di Ocrelizumab nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, confrontandoli con Interferone beta-1a una volta alla settimana ( Avonex ) e con placebo.

Hanno preso parte allo studio 218 pazienti di età compresa tra 18 e 55 anni, che sono stati assegnati in modo casuale a placebo, Ocrelizumab a basso dosaggio ( 600 mg ) o ad alto dosaggio ( 2000 mg ) oppure Interferone beta-1a 30 mcg per via intramuscolare una volta a settimana.

Alla 24.a settimana, i pazienti che inizialmente facevano parte del gruppo placebo, del gruppo Ocrelizumab 600 mg e del gruppo Interferone beta-1a hanno ricevuto Ocrelizumab 600 mg; i pazienti nel gruppo Ocrelizumab 2000 mg hanno ricevuto 1000 mg.

L'endpoint primario dello studio era il numero totale di lesioni in T1 captanti il gadolinio alla risonanza magnetica alle settimane 12, 16, 20 e 24.

Dopo 6 mesi di trattamento, il numero di lesioni attive è risultato ridotto dell’89% nel gruppo Ocrelizumab 600 mg ( basso dosaggio ) e del 96% nel gruppo Ocrelizumab 2000 mg ( alto dosaggio ), rispetto al gruppo placebo.

Nelle analisi esplorative, sia il gruppo trattato con Ocrelizumab 600 mg sia quello trattato con Ocrelizumab 2000 mg hanno ottenuto risultati migliori, rispetto a quelli a cui era stato somministrato Interferone beta-1a, riguardo alle lesioni captanti il gadolinio.

Eventi avversi gravi sono stati riscontrati nel 4% dei pazienti ( 2 su 54 ) nel gruppo placebo, nel 2% ( 1 su 55 nel gruppo Ocrelizumab 600 mg ), nel 5% ( 3 su 55 ) di nel gruppo Ocrelizumab 2000 mg, e nel 4% ( 2 su 54 ) nel gruppo Interferone beta-1a.

Dallo studio è emerso che Ocrelizumab sopprime rapidamente l’attività infiammatoria, come mostrato dalle lesioni alla risonanza magnetica e dalla riduzione delle recidive cliniche.

Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l'antigene di membrana CD20, coinvolto nell’attivazione delle cellule B.
Ocrelizumab condivide questo bersaglio con Rituxumab, un anticorpo chimerico topo-globulina umana, e quindi potenzialmente più soggetto a sviluppo di anticorpi neutralizzanti.

Lo sviluppo di Ocrelizumab è stato interrotto nella artrite reumatoide a causa della alta incidenza di infezioni opportunistiche.
Nessuna infezione opportunistica è stata osservata nello studio riguardante la sclerosi multipla recidivante-remittente. Kappos e colleghi hanno fatto osservare che i propri pazienti erano generalmente più giovani, in migliore salute generale, e non in trattamento concomitante con steroidi o immunosoppressori.

Non sono stati riscontrati casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva negli studi clinici con Ocrelizumab per la sclerosi multipla o l'artrite reumatoide. ( Xagena2011 )

Fonte: The Lancet, 2011

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